Musica
Musica ed ebraismo costituiscono un binomio inseparabile. Il campo musicale rappresenta una forma di espressione creativa dell’identità ebraica. L'elemento musicale è inscindibile dalla preghiera ebraica, ma anche dalla lettura e dallo studio dei testi sacri. Esso si è sviluppato in due forme primarie: la salmodia e la cantillazione nella lettura biblica.
La salmodia è strettamente legata alla struttura poetica e sintattica dei salmi, caratterizzata da due parti (emistichi) parallele per ogni versetto. L'intonazione melodica è organizzata intorno a una nota centrale ripetuta, con brevi fioriture (ornamentazioni) all'inizio, al centro e alla fine del versetto; tale procedimento si adatta facilmente alla lunghezza variabile dei versetti stessi. L'esecuzione era antifonale (canto eseguito all'inizio o alla fine di ciascun salmo) o responsoriale (ritornello corale in risposta al versetto intonato dal celebrante). Tale forma di cantilena venne adottata, oltre che per i Salmi, per altre parti liriche della Bibbia, quali i Proverbi. Passata, con i Salmi stessi, nella liturgia dei primi cristiani, essa costituisce il principale anello di congiunzione con il canto gregoriano e una delle premesse fondamentali della musica occidentale.
La cantillazione (o lectio biblica) è l'altra forma primaria, anche se di datazione più tarda, della musica ebraica. Essa consiste nella lettura intonata del Pentateuco e delle altre parti in prosa della Bibbia. È guidata da appositi accenti (teamim) apposti sopra o sotto il testo, che iniziarono a essere indicati intorno al 500 d.C. e completati nell'895 per opera dei Massoreti, nella fissazione definitiva del testo biblico: insieme ai teamim, vennero anche aggiunti i segni che indicano le vocali. I teamim indicano sia la punteggiatura, sia le formule melodiche e sono quindi indissolubilmente legati alla sintassi e al significato del testo; non indicano né l'altezza, né la durata dei suoni e dopo la diaspora si creò una grande varietà di interpretazioni legate alle tradizioni locali, pur su basi concettuali comuni e inalterate.
Leo Levi nel 1957 (cfr. “Canti tradizionali e tradizioni liturgiche giudeo-italiane (con esempi di musiche ebraico-italiane) in La Rassegna mensile di Israele, ottobre 1957, pp. 435-445) distingue almeno sei gruppi di canti tradizionali liturgici giudeo italiani:
- il canto più antico è quello romano-italiano. I canti più antichi sono quelli della recitazione dei Salmi al sabato mattina e il rituale italkì del venerdì sera.
- Nell'Italia Settentrionale il rito italiano, da Firenze a Torino e a Padova, era inizialmente quello di tutte le Comunità formatesi, attorno al Quattrocento, quando vi si aprirono i primi banchi feneratizi, probabilmente ad opera di ebrei venuti dalle antiche comunità dell'Italia Meridionale, poi gradatamente soppiantato dai riti tedeschi e spagnoli dei profughi giunti dopo il secolo XV.
- Più recente dell'italiano è il canto minhag detto APAM dalle iniziali delle tre piccole comunità piemontesi, Asti, Fossano e Moncalvo.
- Il Minhag sefardita arriva nel 1492 e salvo che a Roma non ha avuto sostanziali contaminazioni.
- Il canto del minhag sefardita-levantino è praticato a Venezia, Ancona e in parte a Ferrara
- I canti ashkenaziti d'Italia si svilupparono nei secoli XVI-XVIII attorno a tre epicentri: Casale Monferrato in Piemonte; Verona e Padova nel Veneto; Casalmaggiore, Fiorenzuola e le comunità della bassa Lombardia.
Il più importante lavoro di raccolta delle tradizioni musicali liturgiche degli ebrei in Italia fu effettuato da Leo Levi in collaborazione con la RAI nel corso degli anni Cinquanta del XX secolo.
Un’antologia delle registrazioni di Leo Levi, oggi conservate presso gli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e la Fonoteca di Stato della Biblioteca Nazionale (http://bibliomediateca.santacecilia.it) e Universitaria di Gerusalemme, è stata pubblicata nel 2001.